Riflettevo… Quando frequentavo la scuola di psicoterapia, alcuni professori dicevano che non si deve pensare ai pazienti usciti dalla porta dello studio.
Non ci dovremmo portare il lavoro a casa, altrimenti le storie dei pazienti ci appesantiscono e ci riempiono la testa.
E io ho sempre pensato: ma è possibile? Io ai miei pazienti ci penso, anche quando sono a casa, mentre faccio una camminata, quando parlo con qualcuno; li penso eccome. Ogni storia è particolare: ed io ricordo ogni vissuto di ogni mio paziente, da quando anni fa facevo tirocinio durante gli studi ad oggi.
So quanto coraggio e quanta fiducia ci vuole per sedersi nella sedia di fronte a me: anche io sono stata dall’altra parte e ci sono ancora. Non è da tutti avere la forza di guardarsi dentro, o magari a volte non si è pronti per farlo.
Se ripenso alle mie prime sedute come terapeuta e mi vedo oggi, mi sembra passata una vita: se sono quella che sono umanamente e professionalmente, lo sono grazie ai miei pazienti, vecchi e nuovi, che hanno deciso di riporre fiducia in me. Io lo dico sempre, non mi sento di promettere ai pazienti che facendo un percorso con me saranno felici e risolveranno i loro problemi, ma prometto che mi impegno più che posso, ci metto tutto il mio sapere e tutto ciò che ho.
Se non ci fossero i pazienti la psicoterapia cosa sarebbe? Nulla, vuota. E invece è piena di storie, emozioni, lacrime e tormenti: è piena di vita. Ecco, la terapia per un terapeuta non sono i 50 minuti della seduta, è molto di più, è pensare al paziente al di là del setting, e volere sempre il meglio per la persona che ha deciso di affidarsi a noi!
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