Ti piace andare a cavallo, villeggiare in campeggio, ami correre e fare sport agonistico, ti piace partecipare a manifestazioni femministe? Coltivi rapporti con uomini con cui magari entri in competizione? Probabilmente è la dea Artemide che ti sostiene nelle tue scelte, ti fa essere indipendente e autosufficiente.
L’archetipo Artemide
Artemide, una delle tre dee vergini della mitologia greca, non si innamorava. Non venne rapita o violentata come accadde a Persefone e a Demetra, e non fu mai la “metà” di una coppia marito-moglie. Rappresenta quindi un senso di integrità, di completezza, mostra spirito d’indipendenza, capacità di badare a se stessa e di funzionare da sola ed è fiduciosa di sé. Questo archetipo consente alla donna di sentirsi intera senza un uomo, di perseguire interessi e un lavoro che la appassionano, senza bisogno dell’approvazione maschile.
L’arciera tesa alla meta
In quanto dea della caccia che insegue la preda che ha scelto, l’arciera Artemide poteva mirare a qualsiasi bersaglio, sapendo che le sue frecce lo avrebbero preso sicuramente. L’archetipo Artemide dà alla donna la capacità innata di concentrarsi profondamente su qualsiasi cosa sia per lei importante, senza lasciarsi distrarre nel suo percorso, né dai bisogni né dalla competitività degli altri. Anzi, la competitività stimola ed eccita la sua “caccia”. L’impegno per il raggiungimento della meta e la perseveranza nonostante gli ostacoli lungo il percorso, sono qualità Artemide che portano alla realizzazione.
L’archetipo del femminismo
Artemide rappresenta qualità idealizzate dai movimenti femminili: realizzazione e abilità, indipendenza dagli uomini e dai loro pareri e interesse per le donne e per le giovani che sono vittime impotenti di qualcuno. Artemide era,appunto, la protettrice delle fanciulle, soprattutto delle preadolescenti. E’ presente nelle istituzioni cliniche per donne violentate, nelle organizzazioni femminili in cui si proteggono le donne (molestate sessualmente, percosse o maltrattate), offrendo loro aiuto e rifugio.
La sorella
La dea Artemide era accompagnata dalle ninfe, divinità minori che esploravano e cacciavano con lei in luoghi selvaggi. Erano come “sorelle” e Artemide era la “sorella maggiore” che le guidava e che prestava loro aiuto.
Anche la donna che ha in sé la dea Artemide ha un rapporto con le donne di sorellanza, di guida e di sostegno.
Artemide riscopre la natura
Per l’attrazione che esercitano su di lei i luoghi selvaggi e la natura incolta, Artemide è l’archetipo che sovrintende all’unità della donna con se stessa e con la natura e che alcune donne avvertono quando vanno a fare un campeggio nei boschi, o dormono sotto la luna e le stelle, passeggiano lungo una spiaggia solitaria o contemplano il deserto sentendosi in comunicazione spirituale con la natura.
Visione lunare
Caratteristica della dea Artemide, in quanto dea della luna, è la “visione lunare”. Visto al chiaro di luna un paesaggio si trasforma, i particolari si fanno belli, misteriosi e vaghi. Al chiaro di luna chi è in contatto con la dimensione Artemide diviene parte inconsapevole della natura e un tutt’uno con questa.
Le donne che seguono Artemide nelle regioni inaccessibili scoprono se stesse e quindi diventano più riflessive. Spesso fanno sogni più intensi del solito e questo acuisce il loro sguardo interiore.
Come coltivare Artemide
Le donne che si identificano con Artemide riconoscono subito di essere affini a questa dea. In che modo possiamo coltivare Artemide o rafforzare l’archetipo che rappresenta? E in che modo possiamo favorirne lo sviluppo nelle nostre figlie?
A volte è necessario adottare misure radicali. Una scrittrice di talento, per esempio, abbandonava il suo lavoro ogni volta che un uomo entrava nella sua vita. All’inizio della storia l’uomo era come una droga, non poteva farne a meno, era una necessità. La vita della donna ruotava intorno a questo uomo, e se lui dava segni di volersi allontanare o di rifiutarla, lei diventava sempre più frenetica. Quando una sua amica la definì una “uomo-dipendente”, lei riconobbe il suo modo di comportarsi e capì che se voleva prendere sul serio il proprio lavoro di scrittrice doveva “astenersi” dal frequentare gli uomini e chiudere con loro per un certo periodo. Lasciò la città e ogni tanto frequentava gli amici, coltivando la solitudine, il lavoro e la dimensione Artemide dentro di sé.
Può accadere, spesso, che la donna che si sposa giovane passi dalla dimensione di figlia a quella di moglie (da un punto di vista archetipico, prima Persefone e poi Era) per scoprire ed apprezzare le qualità Artemide solo dopo un divorzio, quando va a vivere da sola per la prima volta.
La donna che ha rapporti sentimentali a ripetizione, nell’intervallo tra l’uno e l’altro si sente inutile; in lei la dimensione Artemide può svilupparsi solo dopo aver rinunciato agli uomini ed essere arrivata a pensare seriamente che potrebbe anche non sposarsi mai. Quando trova il coraggio di mettere in atto questa ipotesi e di organizzare la sua vita intorno agli amici e a quanto le interessa, potrà provare un senso di completezza e di autosufficienza, un benessere inaspettato che le deriva dallo sviluppo dell’archetipo.
Esperienze di gruppo all’aria aperta per sole donne, viaggi in cerca di ideali femminili evocano Artemide: quando le donne escono dalle loro quattro mura stanno coltivando l’archetipo Artemide. Allo stesso modo, quando le fanciulle fanno attività sportive competitive, frequentano campeggi per sole ragazze, viaggiano alla scoperta di paesi sconosciuti, o entrano a far parte di organizzazioni femminili pacifiste, fanno esperienze che possono sviluppare la dimensione di autosufficienza tipica di questa dea.
La presenza di Artemide in ognuna di noi
Evita Perón diceva: “Il mio nome è diventato il grido di riconoscimento delle donne di tutto il mondo. E’ giunto il momento di avere gli stessi riconoscimenti degli uomini”.
Tutte noi potenzialmente abbiamo dentro la nostra psiche la dea Artemide, che ci guida nella realizzazione delle nostre mete e dei nostri obiettivi, nella ricerca della nostra indipendenza, autonomia e non dipendenza da nessuno.
FONTE:
J. S. Bolen
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