Al giorno d’oggi sembra che il passaggio dall’infanzia all’adolescenza sia anticipato di un po’. I genitori si rendono conto che intorno agli undici, dodici anni, i propri figli iniziano a cambiare, sia fisicamente che psicologicamente, e intorno ai quattordici anni si può dire che la fase dell’infanzia è conclusa: il bambino è diventato un ragazzo.
In questa fase della sua vita, l’adolescente vive una serie di sensazioni mai provate prima d’ora, accompagnate da cambiamenti fisici. I genitori, dal canto loro, vedono il cambiamento della propria figlia, e, a volte, fanno difficoltà a rapportarsi con le. La figura genitoriale cambia notevolmente, mamma e papà diventano adulti con cui avere un rapporto contrastante e i genitori, a volte, vivono in modo particolare questo cambiamento dei propri figli.
Nella quotidianità potrebbe succedere che si entri in contrasto anche per cose che potrebbero sembrare futili, come il genitore che chiede alla figlia di essere più ordinata e collaborativa nelle faccende domestiche, e la figlia che magari passa tutto il pomeriggio sul divano: così i genitori vivono e percepiscono la loro figlia adolescente.
Nell’antichità, ma ancora oggi in alcune civiltà, la delicata fase di cui stiamo parlando è sancita da alcuni riti di passaggio.
Riti di passaggio nell’antica Grecia
Nell’antica Grecia, il passaggio dall’infanzia all’età adulta era marcata da alcuni riti di passaggio, tramite i quali i giovani, sia femmine che maschi, approdavano nell’età adulta, e si assumevano le responsabilità tipiche di questa età.
Un rito di passaggio è un rituale che contraddistingue il cambiamento sociale e culturale di un individuo, come appunto, il passaggio dall’infanzia all’età adulta, o dallo stato di non sposato a quello di coniugato.
Le giovani donne attraversavano dei riti di passaggio in Grecia. Le fanciulle passavano ad essere donne, mogli e madri. Il culto di Artemide era legato a un culto iniziatico di tipo femminile chiamato arkteia.
Il rituale di passaggio prevedeva che, per espiare l’uccisione di un’orsa sacra che era entrata nel recinto di Artemide, le fanciulle vergini dovessero indossare una veste particolare e simbolicamente fare come l’orsa. Le movenze danzanti simili all’orsa delle fanciulle indicavano il passaggio dallo stato di verginità, guidato appunto dalla dea Artemide, a quello dell’amore e del matrimonio cui fa capo la dea Afrodite.
I giovani greci, invece, venivano momentaneamente allontanati dalle famiglie per poi tornare dopo circa due anni, entrando così a far parte della società: la polis. Durante questo periodo, in cui venivano distaccati, vivevano dei momenti in cui venivano messi alla prova, soprattutto in campo militare, in quanto la vita militare in genere rappresentava il loro futuro da adulti.
Il giovane greco dell’età di cui stiamo parlando, veniva chiamato efebo. L’efebia, appunto, rappresentava l’uscita dall’infanzia e l’ingresso nell’età adulta.
Passaggio dall’infanzia all’adolescenza: cambiamenti fisici e psicologici
Anche oggi, così come nell’antica Grecia, nell’adolescenza si sperimentano dei cambiamenti fisici, psicologici, ma anche sociali ed emotivi.
In questa fase si evincono quattro cambiamenti:
- il cambiamento della fisicità e la sua maturazione,
- il raggiungimento della maturità sessuale,
- l’entrata nel mondo degli adulti e il raggiungimento del completo sviluppo cognitivo.
Forse, questa è la fase della vita in cui ci si guarda maggiormente allo specchio, vedendo una figura diversa da quella reale, osservando sempre delle imperfezioni del proprio corpo.
È anche osservando gli altri coetanei che l’adolescente sente di non avere un fisico appropriato; ma anche guardando i modelli di riferimento proposti dalla società, che spingono alla magrezza e alla perfezione, che i ragazzi, sia maschi che femmine, non si accettano così come sono.
Questa fase è contraddistinta dalla comparsa dei caratteri sessuali secondari e dalla maturazione del sistema riproduttivo, che fanno sì che l’adolescente subisca dei grandi cambiamenti a livello fisico, che frequentemente stenta a riconoscere inizialmente. Le ragazze, per esempio, percepiscono il loro corpo che cambia attraverso la crescita del seno.
Qui l’adolescente, vive proprio una fase di passaggio, in cui abbandona metaforicamente il corpo da bambino, per indossare un nuovo corpo da quasi adulto. La ragazza, nella nostra società, non viene considerat pienamente adulta, ma si trova appunto in una fase di passaggio.
Cognitivamente, come direbbe Piaget, uno psicologo e pedagogista svizzero, siamo nella fase delle operazioni formali, tra gli 11 e i 14 anni, in cui il ragionamento ipotetico-deduttivo permette di immaginare, di staccarsi dal concreto, ovvero di rappresentarsi mentalmente cose non concrete. La ragazza può riferirsi mentalmente ad oggetti di cui non ha fatto esperienza, ma che sono soltanto ipotetici, e desumere da essi tutte le logiche conseguenze. È in questa fase che si sviluppa la capacità simbolica e di giudizio. Per esempio, se un bambino più piccolo prendesse in giro un amichetto, magari per un difetto fisico come per esempio il naso grande, e noi gli dicessimo:
“non prendere in giro il tuo amico. Cosa diresti se lo dicessero a te?” il bambino non lo capirebbe e risponderebbe che lui non ha il naso grande e nessuno lo potrebbe prendere in giro.
Fare un ragionamento del genere per un bimbo al di sotto degli 11 anni è un’operazione troppo astratta.
Rapporto con le figure genitoriali
Come detto sopra, il rapporto con i genitori è ambivalente, oscilla tra il bisogno di indipendenza e quello di legame. Il genitore deve assumere il ruolo di figura stabile e autorevole, presente nel momento del bisogno ma che lascia spazio alla ragazza di sperimentare la socialità, che la guidi e la orienti in questo momento particolare della sua vita.
Rapporto con i coetanei
In questo periodo i ragazzi vivono in gruppo con i coetanei e sperimentano condividendo la quotidianità. Chi fa parte dello stesso gruppo ha, potenzialmente, degli interessi in comune.
Particolare in questo momento è anche il rapporto con l’altro sesso: ora si sperimentano le prime vere relazioni amorose, che contribuiscono alla costruzione della propria identità sociale. Come si può ben intuire, è un periodo particolare e delicato della vita di ogni essere umano.
Come relazionarsi ad una figlia adolescente
In questi momenti forse le figure genitoriali non sanno come rapportarsi con una figlia adolescente. Hanno il timore di essere invadenti, o forse, al contrario, non troppo presenti. Avvertono il cambiamento della figlia sotto tutti i punti di vista, magari temono anche il fatto che la ragazza possa commettere comportamenti non adeguati, che ledano lei o qualcun altro. Come ribadito frequentemente, questa è forse la fase più delicata della vita. L’adolescente deve costruire la propria identità, un’identità di adulta autonoma.
Verosimilmente, anche tu hai una figlia che sta vivendo il passaggio dall’infanzia all’adolescenza con cui, magari non sai come comportarti e relazionarti. Vorresti che si riuscisse a parlare serenamente e non, magari, urlando. L’importante è sempre mantenere un dialogo ben aperto con i propri figli, essere un porto sicuro, un luogo in cui sanno di poter sempre essere accolti e ascoltati nei momenti di difficoltà. L’importante, però, è anche lasciare alla ragazza la possibilità di sperimentare e poter fare i propri errori, per far sì che impari da sé a camminare nel mondo, con la consapevolezza che ha sempre qualcuno che la guidi, che c’è per lei.
Se pensi che in questo momento non riesci a trovare un punto di incontro con tua figlia, e hai bisogno di condividere il tuo vissuto, potrai contattarmi per una consulenza, o on-line o in studio.
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